Terzo grado (1990)
Terzo grado (1990)
Anno 1990
Paese USA
Durata 132 minuti
Genere Drammatico, Poliziesco
Regia Sidney Lumet
Attori Nick Nolte, Timothy Hutton, Armand Assante, Patrick O’Neal, Lee Richardson, Maurice Schell, Frederick Rolf, Gustavo Brens, Martin E. Brens, John Capodice, Paul Calderon, Leonardo Cimino, Hal Lehrman, Jenny Lumet, Dominic Chianese, Fyvush Finkel, Charles S. Dutton, Thomas Mikal Ford, Luis Guzmán
Data uscita N.D.
Fotografia Andrzej Bartkowiak
Montaggio Richard P. Cirincione
Musica Rubén Blades
Sceneggiatura Sidney Lumet, Alan Smithee
Trama
Il tenente di polizia Mike Brennan spara al portoricano Toni Vasquez (sospettato di aver ucciso Setra), soprattutto perché ha reagito ai suoi modi spietati: per incastrarlo, gli mette in mano una calibro 45. Ma il morto (uno spacciatore) di solito è armato di una calibro 32. La faccenda è poco chiara (o forse lo è troppo, perché Brennan ha fama di spregiudicato e di duro e si atteggia a ripulitore della metropoli dalla feccia locale). Il capo della polizia Kelvin Quinn, affida le indagini al giovane procuratore distrettuale Al Reilly, ex-poliziotto e figlio di un agente defunto, pensando che, con il motivo della legittima difesa, la pratica di Brennan passerà subito agli archivi. Al dovrà affrontare infiniti ostacoli scoprendo con amarezza che la polizia è un condensato di ricatti e compromessi, di corrotti e corruttori, oltre che un autentico crogiuolo di razzismi. Tra l’astuto tenente irlandese autore di innumerevoli trucchi, il Capo persuasivo ma ambiguo (ha anche forti ambizioni carrieristiche e politiche) – da un lato – e tutto il sottobosco malavitoso, dall’altro (formato da neri, mafiosi siciliani, trafficanti di droga portoricani, informatori transessuali e prostitute di varia pelle), Reilly deve destreggiarsi oltre misura per avviare l’indagine e scoprire la verità. Lo aiutano due agenti (Chapman di pelle nera e Luis Valentin, di Portorico), ma sarà una verità atroce e sconcertante. Al si mette sulle tracce di Bobby Texador – ricco boss della droga, di Portorico lui pure – il quale si ritrova ad essere il marito di Nancy Bosett, a sua tempo amante del magistrato e che questi aveva abbandonato appena saputo che il padre era uomo di colore. Texador si dilegua con la donna e i propri fidi, poiché anche Brennan è sulle sue piste, così come lo cerca la mafia, che tenta di farlo fuori (rimettendoci però due scagnozzi). Al centro della squallida vicenda c’è anche Roger Montalvo (un informatore gay che convive con l’amico prediletto), il quale conosce il rifugio del boss. Per averne l’indirizzo Brennan li strangola uno dopo l’altro e farà alla fine saltare in aria un cabinato, dove è riuscito a far accorrere Texador. È ora del tutto chiaro ad Al che quel Corpo di agenti che egli ha ammirato fin da ragazzo è solo una sentina di razzismi, azioni criminose e delitti; che lo stesso capo Quinn, deciso a diventare procuratore generale, altro non era che un teppistello da strada in combutta con la banda del giovanissimo Brennan; che negli archivi vengono sepolti moltissimi verbali istruttori, lasciati ad arte nell’oblìo, pur di proteggere situazioni delicate o oscure quando non influenzate dalla politica più sporca. Lo stesso Al, magistrato integro, si autocolpevolizza: anche lui era stato ingiusto e razzista nei confronti di Nancy, né può escludere che, perseguendone il marito Texador, il suo rancore personale abbia prevalso sulle esigenze della Giustizia. Senza contare l’impressione amara di essere stato strumentalizzato da Quinn, che ne ha considerata come scontata la complicità. Alla fine Brennan piomba alla Centrale per la resa dei conti e atterra Al. Un agente, che in tanti anni di servizio non ha mai ucciso un uomo, spara all’energumeno e lo uccide. Malgrado tanti morti e le sue delusioni Al decide che continuerà la propria lotta perché i valori giusti abbiano la meglio su errori ed orrori.