Monty Python: il senso della vita (1983)

Monty Python: il senso della vita (1983)

Anno 1983

Paese Gran Bretagna

Durata 98 minuti

Genere Commedia

Regia Terry Jones

Attori Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Simon Jones, Terry Jones, Judy Loe, Andrew MacLachlan, Michael Palin, Patricia Quinn, Valerie Whittington, Mark Holmes, Carol Cleveland

Data uscita N.D.

Fotografia Peter Hannan

Montaggio Julián Doyle

Musica John Du Prez, Eric Idle

Sceneggiatura Terry Jones, Michael Palin, John Cleese, Grahan Chapmam, Terry Gilliam, Eric Idle

Trama
I Monty Python (cinque inglesi e un americano) affermano: “Abbiamo chiesto a molta gente: qual’è il senso della vita? Nessuno ci ha dato una risposta. Probabilmente abbiamo rivolto loro una domanda sbagliata”. Chi cerca di rispondere alla domanda sono sei pesci che nuotano tranquillamente nell’acquario di un ristorante ed hanno la faccia dei sei componenti la banda dei Monthy Python, con un umorismo e una satira, a volte intelligente e graffiante, a volte insensata e dissacratoria. Tutto e tutti vengono sbeffeggiati: il mondo della finanza e delle multinazionali, ove si scatena una guerra piratesca all’ultimo sangue, tanto più che i ribelli sono poveri bancari, sfruttati come galeotti; sbeffeggiata è l’assistenza sanitaria ultramoderna con la sala-parti spaventafeti; sbeffeggiate le guerre coloniali, europee, la vita di caserma… Comprensibili le esagerazioni in un’opera che vive di paradossi, di sberleffi, in un’atmosfera surreale e si serve di un umorismo divertente, spesso esaltante, con una fantasia e inventività che non finisce di stupire. Tuttavia il film diventa volutamente folle, tanto che i pesci stessi, nel loro acquario sbalordiscono, quando vuol spiegare la differenza fra i cattolici e i protestanti riguardo al controllo delle nascite (come se non esistesse il terzo e quarto mondo che rifiuta ogni controllo delle nascite), quando affronta il problema dell’esistenza di Dio, il significato e il valore della vita umana, l’inferno, il paradiso, la vita eterna. L’ambizione dei Monty Python è talmente presuntuosa nel giocare con problemi superiori alle loro capacità, da sfiorare l’insulto all’intelligenza umana. “Sutor ne ultra crepidam” – dicevano gli antichi: “Ciabattino non andare oltre la cucitura”: fai bene il ciabattino e non atteggiarti a filosofo e teologo! È vero che i Monty Python domandano di non essere presi sul serio, perché altrimenti si sentirebbero traditi, dimostrandosi scervellati e piuttosto pazzi; ma vale anche per loro il semplice proverbio popolare: “Scherza coi fanti e lascia stare i santi!”. Ma il calderone de “Il senso della vita” non è ancora completo, senza una buona dose di cattivo gusto: mi riferisco alla noiosa lezione sul sesso e alla scena parossistica deil’elefantiaco riccone che, in un ristorante alla moda, riversa su tutti il suo pestilenziale vomito, fino a scoppiare come una bomba. Tutti fuggono, anche un cameriere che sembra aver trovato finalmente un senso alla vita ricordando gli insegnamenti di sua madre…: finisce invece anche lui con uno sberleffo e con parole di spregio. Viene infine la Morte, identificata con Cristo mietitore, disceso dal cielo per far piazza pulita di tanta gramigna umana che finisce premiata in un paradiso qualunquista, di gusto musulmano, dove tutti si trovano, ricchi e cenciosi, buoni e cattivi, tutti mangiano e bevono nel grande ristorante del cielo, ove si consuma sempre il cenone di Natale.

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