Scipione detto anche l’africano (1970)

Scipione detto anche l’africano (1970)

Anno 1970

Paese Italia

Durata 108 minuti

Genere Commedia

Regia Luigi Magni

Attori Marcello Mastroianni, Silvana Mangano, Vittorio Gassman, Ruggero Mastroianni, Turi Ferro, Woody Strode, Fosco Giachetti, Enzo Fiermonte, Ben Ekland, Christian Aligny

Data uscita N.D.

Fotografia Arturo Zavattini, Nino Cristiani

Montaggio Amedeo Salfa, Ruggero Mastroianni

Musica Severino Gazzelloni

Sceneggiatura Luigi Magni

Trama
Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano, e suo fratello Lucio, detto l’Asiatico, sono accusati in Senato da Catone il Censore di essersi appropriati di cinquecento talenti, tributo di Antioco, re della Siria. In realtà Catone non è tanto preoccupato di sapere quale fine abbia fatto quel denaro quanto di infliggere un colpo al prestigio dell’Africano per evitare che, in un periodo in cui a Roma scarseggiano i grandi uomini, la personalità del celebre condottiero faccia correre alla Repubblica il rischio di una dittatura. Da uomo profondamente integerrimo – lo è tanto che Emilia, sua moglie, stanca della sua disumana perfezione ha chiesto il divorzio – l’Africano si accende di sdegno all’accusa di Catone e continua a proclamarsi innocente anche quando il Censore, trionfante, esibisce davanti al Senato una ricevuta del versamento fatto da Antioco, firmata Scipione A. Ma si tratta dell’Africano o dell’Asiatico? Durante un incontro con quest’ultimo, Publio Cornelio Scipione scopre che ad appropriarsi dei cinquecento talenti è stato proprio suo fratello per cui, in nome della romana fierezza, lo denuncia a Catone. Rendendosi conto che il nobile gesto dell’Africano può aumentarne ancora pericolosamente il prestigio, Catone trama per impedirglielo. Consapevole che la Repubblica non tollera uomini della sua levatura, Scipione si accusa, davanti al Senato di essere il colpevole e di aver compiuto inesistenti soprusi e ruberie. I senatori che ora lo considerano un comune mortale, lo perdonano ma l’Africano preferisce prendere, subito dopo, la triste via dell’esilio.

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